Il sistema dell’accoglienza di Trieste: report statistico 2020
Nella mattina di oggi, 11 giugno 2021, è stato presentato il “Report statistico 2020 sul sistema di accoglienza a Trieste”, che mostra come il sistema di accoglienza triestino sia riuscito a mantenere, pur con alcune difficoltà, il suo impianto basato sul modello dell’accoglienza diffusa e sull’integrazione dei richiedenti asilo nel tessuto sociale.
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Sintesi della presentazione
Le sfide che l’accoglienza a Trieste si è trovata ad affrontare durante il 2020 sono state molteplici: se da un lato vi è stato un ulteriore netto aumento aumento dell’accoglienza in piccoli appartamenti (da 144 a 175) dislocati in ogni area del territorio al fine di evitare concentrazioni e favorire il contatto con la popolazione locale, dall’altro permane la stessa contrazione di risorse dell’anno precedente che limita gli interventi di sostegno per l’inclusione sociale dei richiedenti asilo. La contrazione dei costi si riflette anche nell’ulteriore riduzione del personale: specialmente colpiti sono stati gli operatori sociali, che scendono a 128 unità complessive.
A queste difficoltà si è unito il perdurare della pandemia Covid-19 che ha imposto restrizioni alla mobilità e posto barriere all’accesso ai servizi che hanno avuto un impatto particolarmente evidente sulle fasce più deboli e meno tutelate della popolazione, come la popolazione migrante, riducendone quindi ulteriormente le occasioni di interazione con la popolazione autoctona con una conseguente perdita di opportunità.
Tra le principali novità intervenute a livello nazionale, e potenzialmente suscettibile di produrre cambiamenti positivi, è stata la promulgazione della legge 173/2020, con cui si allarga nuovamente l’accoglienza nel SAI (Sistema di Accoglienza ed Integrazione) – ex SPRAR – dei richiedenti asilo prevedendo altresì l’accoglienza dei titolari di “protezione speciale”, ovvero lo status di protezione che era stato quasi interamente cancellato dai cd. decreti Salvini. Se il Legislatore con la legge 173/2020 conferma dunque la bontà dell’impostazione triestina dell’accoglienza diffusa, il sistema SAI di seconda accoglienza rimane, almeno al momento, gravemente sottodimensionato, ostacolando in tal modo i percorsi di inclusione sociale dei titolari di protezione internazionale e speciale.
Altra conseguenza della pandemia è stata la strutturazione del sistema di isolamento fiduciario “pre-accoglienza”, i cui standard risultano assolutamente adeguati: tutti gli ospiti infatti, oltre a un buon livello di accoglienza materiale, usufruiscono da subito di mediazione linguistica e assistenza legale.
La diminuzione degli arrivi dalla cd. Rotta balcanica rispetto ai dati 2019 appare contenuta; ciò che si è modificato è l’andamento degli arrivi nel corso dell’anno, che ha una contrazione nei primi mesi estivi, da attribuirsi presumibilmente alle cosiddette “riammissioni informali” che tanta preoccupazione hanno suscitato in tutte le organizzazioni internazionali.
La situazione delle strutture di isolamento fiduciario merita particolare attenzione, poiché ha permesso di fotografare, in maniera più chiara, la situazione delle persone che arrivano dalla rotta e che negli anni precedenti tendevano a non fermarsi a Trieste nel sistema di accoglienza. Emerge così che se il Pakistan è la nazionalità più rappresentata (così come nel sistema di accoglienza), circa il 34% delle 2034 persone è di nazionalità afghana (che invece rappresenta meno del 10% delle persone in accoglienza). Vi è anche una buona rappresentanza di cittadini iraniani e siriani, quasi del tutto assenti nel sistema di accoglienza. Le persone in isolamento sono anche mediamente più giovani.
Permane la preoccupazione per le condizioni psico-fisiche delle persone che attraversano la rotta balcanica. Ai racconti sulle inumane condizioni di vita nei campi in Grecia, si aggiunge il mancato funzionamento di un minimo sistema di asilo in Bosnia e i respingimenti che avvengono costantemente lungo tutta la rotta con un “meccanismo a catena” attuati, specie in Croazia, con metodi violenti, come documentato da tutte le fonti internazionali.
I trasferimenti in altre località della regione e nel resto del territorio nazionale organizzati dalla Prefettura, volti a mantenere stabile il numero delle persone in accoglienza sul territorio, sono stati mantenuti su ritmi simili a quelli degli anni precedenti mentre ha avuto una contrazione sensibile l’assorbimento dei nuovi arrivi nel sistema dell’accoglienza diffusa (da 531 inserimenti nel 2019 a 381 nel 2020): nel valutare tale dato va considerato l’impatto che la situazione pandemica ha avuto sulla minore possibilità delle persone di uscire dall’accoglienza per raggiungimento di un’autonomia abitativa e lavorativa.
Tra le nuove accoglienze vengono conteggiati anche 15 nuovi nati e 39 inserimenti di ex minori stranieri non accompagnati (MSNA). Le nuove nascite possono essere sicuramente considerati indicatori di una tendenza alla stanzialità da parte dei nuclei familiari presenti (circa 1/3 delle persone in accoglienza a Trieste). Altrettanto importante è notare che circa l’85% delle persone accolte a Trieste è under 35: si tratta di persone che, in potenziale, potrebbero rimanere sul territorio se opportunamente supportate, contribuendo a mitigare l’impatto dell’invecchiamento della popolazione.