Illogico e illegittimo impedire la regolarizzazione a chi ha perso il lavoro nelle more della procedura di emersione
Va revocata la circolare con cui il Ministero dell’Interno penalizza coloro che non hanno più in corso il lavoro dichiarato per regolarizzarsi. “Se le Amministrazioni deputate al completamento delle procedure di regolarizzazione avessero tempestivamente istruito le domande, sarebbero state poche le cessazioni dei rapporti di lavoro nelle more della procedura stessa”.
La circolare del Ministero dell’Interno del 21 aprile 2021
Nonostante il forte ritardo con cui procede l’esame delle domande di emersione e la gravità della situazione che si è determinata, il Viminale, con una circolare diffusa il 21 aprile 2021, anziché favorire l’emersione delle oltre 200 mila persone che hanno avviato la procedura, crea nuovi e ulteriori ostacoli, penalizzando ancora una volta chi vuole emergere dall’invisibilità.
È quanto denunciano in una lettera inviata al Presidente del Consiglio, ai Ministeri dell’Interno, della Salute, del Lavoro e dell’Agricoltura le organizzazioni impegnate nella tutela dei diritti dei migranti le organizzazioni ASGI, Amnesty International Italia, ARCI, ACLI, Oxfam Italia, ActionAid, Centro Astalli, Senza Confine, CNCA, Europasilo, Intersos, Casa Dei Diritti Sociali, Medici del Mondo Italia, SIMM, MEDU, Medici contro la tortura, Forum per Cambiare l’Ordine delle Cose, Sanità di Frontiera, Fondazione Migrantes, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, A Buon Diritto Onlus, Comunità di Sant’Egidio e la Campagna Ero Straniero.
Secondo il Ministero dell’Interno, in ipotesi di conclusione del rapporto di lavoro a tempo determinato nelle more della procedura di regolarizzazione, non sarebbe possibile ottenere il permesso di soggiorno per attesa occupazione. La circolare specifica, infatti, che la procedura possa proseguire solo “nell’eventualità in cui il datore di lavoro manifesti la volontà di prorogare il precedente rapporto, o anche di volere nuovamente assumere il lavoratore” e che “Nel caso invece in cui il datore di lavoro non abbia l’intenzione di volere prorogare il rapporto, né di volere nuovamente assumere il lavoratore, il predetto Dipartimento non ritiene possibile rilasciare un permesso di soggiorno per attesa occupazione”.
Tali disposizioni sono illegittime perché la legge in vigore prevede che, in caso di perdita del posto di lavoro,anche nel caso di contratto a carattere stagionale, vada rilasciato un permesso per attesa occupazione, grazie al quale l’interessato può cercare regolarmente un altro impiego .
Soprattutto tali indicazioni risultano illogiche alla luce della duplice finalità dichiarata dal legislatore, per cui è stata voluta la regolarizzazione dei cittadini stranieri, in quanto producono lo svuotamento della procedura di emersione stessa.
“La regolarizzazione costituisce – per stessa indicazione della norma che l’ha prevista – lo strumento per garantire la regolarità del soggiorno e un adeguato standard sanitario a migliaia di persone che vivono e lavorano in Italia da ormai lungo tempo, e non deve diventare materia di disputa politica, a discapito delle loro esistenze” ricordano le associazioni che auspicano la conclusione dei procedimenti amministrativi pendenti ormai da quasi un anno, senza ulteriori stravolgimenti per mano di circolari o interpretazioni ministeriali.
Se non immediatamente ritirate – avvertono le associazioni nella lettera ai Ministeri ed al Governo – queste indicazioni “rischiano di compromettere ulteriormente la già fragile applicazione della legge di natura speciale, di regolarizzazione/emersione della condizione giuridica dei lavoratori stranieri e degli stessi rapporti di lavoro interessati”.
Per questo i firmatari della lettera chiedono che venga immediatamente revocata la circolare del 21 aprile 2021 e che vengano diffuse alle Questure precise indicazioni che chiariscano che:
- in caso di cessazione del rapporto di lavoro con cui è stata avviata la procedura di emersione, vi sia il rilascio di un permesso per attesa occupazione a meno che non sia comprovato che la domanda non sia stata presentata strumentalmente per il rilascio del titolo di soggiorno;
- non sussistono limiti categoriali nell’accesso al nuovo impiego con diverso datore di lavoro.