Rete DASI: “a Trieste viene criminalizzata la solidarietà”
La Rete DASI FVG – a cui ICS aderisce – esprime gravissima preoccupazione per l’accusa che, a Trieste, ha colpito Gian Andrea Franchi e per il ritorno della pericolosa ideologia del cosiddetto “reato di solidarietà”-
Colpisce dolorosamente che il vice presidente di “Linea d’Ombra” Gian Andrea Franchi sia stato accusato del reato di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare e che abbia dovuto subire una irruzione e una perquisizione nella sua abitazione, all’alba, come se si trattasse di un pericoloso criminale. L’azione penale è obbligatoria e tutti sono uguali di fronte alla legge ma non è possibile non porsi seri interrogativi sulla fondatezza dell’inchiesta e sugli elementi di cui dispongono gli inquirenti per arrivare a giungere ad accusare di così gravi reati una incensurata persona di anni 84, impegnato da anni con incredibile dedizione nell’assistenza umanitaria verso i migranti che giungono in serie condizioni psico-fisiche a Trieste dopo avere superato inaudite violenze lungo la rotta balcanica. Chi conduce pur doverose inchieste sul traffico internazionale degli esseri umani dovrebbe fare una particolare attenzione alle azioni giudiziarie che intraprende nella consapevolezza che non può permettersi di rischiare di confondere e sovrapporre condotte particolarmente odiose che sfruttano la condizione di debolezza nella quale si trovano i migranti proprio con il suo opposto ovvero con l’opera di solidarietà di colui che non si cura, perché è giusto che non lo faccia, di chi sia la persona ferita ed affamata che sta assistendo, se essa abbia o no un permesso di soggiorno (che altro non è che una semplice autorizzazione amministrativa enfatizzata da una insopportabile retorica), se voglia fermarsi in Italia o proseguire il viaggio o altro.
Fondato appare il sospetto, nel caso che ha coinvolta l’associazione “Linea d’Ombra”, che la solidarietà invece di essere un supremo valore da difendere dia fastidio, specie se essa, magari insieme alla denuncia politica ed etica, venga esercitata in un territorio, come quello di Trieste, che ha visto nell’ultimo anno, episodi di sconcertante e gravissima illegalità come sono state le riammissioni illegali di richiedenti asilo ai quali è stato impedito di entrare nel nostro Paese per chiedere protezione e sono stati rigettati nell’inferno balcanico. Chi indagherà con la dovuta solerzia su queste condotte e sulla catena di comando che le ha rese possibili?
Il rischio che corriamo tutti è quello di un grave sovvertimento e confusione dei valori sui quali si fonda l’ordinamento democratico.