Un rap per Kabul
Vi invitiamo a partecipare all’evento “Un rap per Kabul”, che si terrà alla Casa della Musica (via dei Capitelli 3, Trieste) il prossimo 15 novembre alle ore 18.30. Il gruppo rap Ekhtelaf, composto da rifugiati afghani, presenta il nuovo singolo e videoclip girato a Trieste dal titolo “Kabul”. Segue incontro e dibattito con gli autori.
COMUNICATO STAMPA
Gli Ekhtelaf, gruppo rap di rifugiati afghani residenti a Trieste, pubblicano il videoclip del nuovo singolo dal titolo “Kabul” sottotitolato in italiano. Il pezzo, uscito all’inizio dell’estate non sottotitolato, ha avuto una buona diffusione sui portali di condivisione musicale più utilizzati in Medio Oriente e tra i rifugiati in Europa (come 20 Rap in Iran e Radio Faryad nei paesi scandinavi).
Questi giovani ragazzi, che hanno ottenuto in Italia lo status di rifugiati politici lo scorso anno, si considerano un movimento piuttosto che una band. Il loro percorso musicale inizia nel 2014, quando ancora i componenti del gruppo, appena giunti in Italia, si trovavano nella condizione di richiedenti asilo. Esce in quell’estate il singolo “Bazicheh”, con il sostegno del Consorzio Italiano di Solidarietà (ICS) – Ufficio Rifugiati e in collaborazione con il team di produzione di audiovisivi Little Paris Production. Per il nuovo video “Kabul” si rinnova il sostegno dato da ICS e la collaborazione con Little Paris Production, a cui si aggiunge il contributo del circolo ARCI di Budoia.
Il sostegno di ICS persegue i principi cardine dell’organizzazione, nel tutelare e sostenere i percorsi dei richiedenti asilo e rifugiati non solo nei loro aspetti formali-amministrativi: il percorso di Ekhtelaf mostra la volontà di impiegare i mezzi di comunicazione e la libertà di espressione e che il paese ospitante offre loro, per recuperare un ruolo sociale attivo sia qui in Italia che in Afghanistan. Questa risorsa creativa consente loro di combattere contro un destino che costringe molti rifugiati a una duplice assenza: il non vedersi riconosciuta piena cittadinanza in Europa; l’aver perso il diritto a considerarsi membro attivo nella propria società di origine. Proprio sulla possibilità di rivendicare questo duplice ruolo si gioca invece la scelta d’impegno artistico e sociale di Ekhtelaf.
La parola Ekhtelaf in persiano significa differenza ed è stata scelta come nome del gruppo per porre l’accento sul potenziale valore positivo e costruttivo della diversità, che caratterizza fortemente la composizione etnica della popolazione afghana oltre che, nello specifico, la composizione del gruppo musicale: Faryad è di origine tagika, Habib è un hazara mentre Qadir è pashtun.
Nei loro testi si auspica un Afghanistan unito nella fratellanza tra i popoli che lo compongono, una fratellanza suggellata dallo spirito religioso comune, che nulla ha a che vedere con i movimenti estremisti o le pratiche retrive che riempiono quotidianamente le pagine dei giornali e che hanno portato allo sfacelo il Paese e, in particolare, la città di Kabul. Per gli Ekhtelaf – anzi – la condizione di divisione e contrasto tra i gruppi etnici, le violenze e la paura non sono endemici, ma parte di una strategia che vuole indebolire la coscienza collettiva per favorire gli interessi di un gruppo ristretto di persone.
Il rap “Kabul” è ispirato ad una canzone tradizionale omonima, resa celebre negli anni ’70 dal cantante afghano Amir Mohammad, che nel testo rimpiange lo splendore passato della città. Parti di questa canzone cantate da Qadir inframezzano i rap di Habib e Faryad che, senza mezzi termini, gridano il proprio dissenso per le attuali condizioni sociali e politiche, citando una serie di efferati eventi di cronaca che hanno insanguinato la città. Tra questi forse il più clamoroso è l’assassinio di Farkhunda Malikzada (19/03/2015), giovane insegnante di religione, linciata pubblicamente perché accusata ingiustamente da un mullah di aver bruciato il Corano. Viene citato inoltre il terribile attentato avvenuto a Kabul il 23 luglio 2016, dove un kamikaze causò la morte di 80 persone e il ferimento di 230, per lo più di etnia hazara, che stavano manifestando pacificamente per i propri diritti nelle strade di Kabul.
Il sound è una miscela di beat elettronico e strumenti tradizionali, con una particolare attenzione – già emersa nel precedente singolo “Bazicheh” – all’utilizzo di strumenti poco diffusi in Europa quali il saz o l’oud, i cui suoni vogliono condurci direttamente nelle case e nelle polverose strade di Kabul.