Violenza efferata e sistematica contro i migranti in Croazia
Il ferimento grave di un migrante in Croazia, al quale la polizia ha sparato nell’ambito dei cosiddetti controlli anti-immigrazione, è un gesto di barbarie inaudito di cui la Repubblica di Croazia deve rispondere a livello europeo. La vicenda non è in alcun modo un fatto isolato poiché si susseguono da mesi, ininterrottamente, rapporti internazionali che accusano la Croazia di usare violenze efferate e torture verso i migranti in fuga nella rotta balcanica: dal rapporto di Amnesty International di marzo 2018 fino al più recente di Human Rights Watch, passando per decine e decine di rapporti meno noti ma non meno autorevoli. Molti di questi indicavano che la polizia croata usa armi da fuoco contro i migranti, il tragico episodio di Fiume ora lo conferma. La Crozia ha sempre smentito le accuse che ha ricevuto con affermazioni tanto vaghe quanto prive di alcun elemento di credibilità.
La Croazia è Stato membro dell’Unione Europea e a breve entrerà persino nell’area Schengen, ma quanto sta avvenendo da mesi nei confronti dei migranti seviziati e respinti in Bosnia-Erzegovina è in totale contrasto con il diritto dell’Unione Europea e rappresenta una macchia gravissima sulla civiltà giuridica del continente. Dietro le sistematiche violenze in Croazia c’è però l’ambigua politica dell’Unione Europea stessa, che finanzia la Croazia affinché blocchi con ogni mezzo l’arrivo dei rifugiati e li tenga al di là dei confini esterni dell’UE, ovvero in Bosnia-Erzegovina, uno dei paesi più poveri e instabili del continente.
È indispensabile ma non sufficiente che venga avviata una inchiesta effettiva e indipendente su quanto accaduto, che porti all’accertamento dei fatti senza insabbiature e alla condanna dei colpevoli. Tuttavia questo non basta: non è infatti più prorogabile una immediata inversione di rotta delle scelte politiche fin qui perseguite, che porti alla cessazione delle violenze verso i migranti in Croazia e alla realizzazione di piani europei di reinsediamento dei rifugiati bloccati appena pochi chilometri al di fuori del confine esterno dell’Unione europea.